Introduzione: "Tra
il dire e il fare c’è di mezzo il mare”
Con google, digitando “fondazioni a vite”, in primis nelle prime pagine si trova un elenco di ditte (alcune produttrici, altre che le importano);
scorrendo i risultati della ricerca si riesce a trovare l’invito ad un
convegno e qualche pagina avanti una ricerca di un professore
universitario a supporto di un altro convegno (ad oggi, data in cui pubblico il post). Scrivendo il termine
inglese “screw piles” oppure “helical piles”, come primo risultato è la voce
descritta in Wikipedia, quindi a seguire il solito lungo elenco di ditte, stavolta
tutte straniere intervallate da link di filmati postati su Youtube; aggiungendo
“pdf” ai termini ecco apparire dinanzi un’innumerevole serie di ricerche e
guide per il calcolo e la progettazione, e qualche libro completamente dedicato. Abbonda perciò il materiale a supporto di una ricerca personale, che essa
sia a livello di formazione professionale, a livello di opportunità di lavoro oppure
semplicemente per tentare di limare ancor di più l’importo totale del
preventivo per l’opera che si intende realizzare.
Ovviamente bisogna
restringere il campo ad aziende italiane, per non dire locali se si decide di
utilizzare le viti in un intervento; se interessa l’approfondimento delle
metodologie di calcolo vi è l’imbarazzo della scelta nei pdf disponibili in
rete in lingua straniera, mentre è opposta la situazione nell’idioma italico. Oltre a questo, non resta che consultare i siti dei fornitori o contattarli
direttamente, fissare un incontro per toccare con mano la questione ed uscirne
con le idee un più chiare, almeno teoricamente. Appunto teoricamente: ecco allora presentarsi una vasta casistica di destinazioni ed utilizzi, un’ampia gamma di
prodotti tra cui scegliere anche far produrre, ed infine diverse modalità di posa in opera: in pratica un mare di soluzioni e nozioni.
Rispetto alle iniziali
apparenze di nicchia, le fondazioni a vite si rivelano un vero e proprio
settore. Da un lato sembra che nicchia non possa altro che rimanere come domanda sul mercato rispetto
al consumo di calcestruzzo (95,3 mln di m3 nel 2007 e 38,1 mln di m3
nel 2014)(1); d’altro canto anche no, per via dell’incremento del numero di imprese che negli ultimi anni si
propongono a fronte del trend negativo dell’intero comparto delle
costruzioni.
A fronte di ogni personale decisione, sul lasciar perdere le fondazioni a
vite o continuare ad informarsi, per gli interessati e neofiti il sito tratterà
l’argomento nelle migliori intenzioni oggettive e nella maggior interezza possibile. Ogni
post prenderà in esame un singolo aspetto attinente, prendendo spunto dal materiale
disponibile in rete, bibliografico e quant’altro e sarà catalogato secondo
quattro contenitori:
- V come vite, una panoramica delle
varie tipologie, i possibili impieghi e la posa in opera;
- I come info, uno spazio
rivolto alla storia e alle news attuali;
-T come teoria, tutto ciò che
riguarda l’universo della ricerca che ne permette il calcolo e la progettazione;
- E come extra, quanto non
afferente alle tre precedenti voci ma sempre rimanendo in ambito.
Giocare con le lettere iniziali per la classificazione dei post, come
fatto per l’acronimo del sottotitolo nell’intestazione, ha il suo significato: con parole chiave aiutare a fissare semplici
concetti, che esse (Versatili,
Innovative, Tecnologiche, Ecosostenibili) siano i cardini per la
valutazione delle viti di fondazioni o che (Vite,
Info, Teoria, Extra) siano guidelines per la consultazione del sito. Ed ora,
non resta che augurarvi buon proseguimento nella lettura.
(1) Federbeton, La filiera del
cemento e del calcestruzzo armato nel mondo delle costruzioni, Roma, 22
dicembre 2014, www.federbeton.it